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lunedì 10 giugno 2013

Sensibilità o ipocrisia?

Buongiorno sig. Monti,
ho letto per caso la lettera inviatale dalla lettrice Tiziana Alberghini (leggibile qui) a proposito del suo articolo (che non ho letto) che si intitolava "Quel dialogo tra sordi che si fanno solo male".
Posso assicurare a Lei e alla lettrice che queste parole non fanno assolutamente male.
Glielo posso assicurare per la mia esperienza personale, professionale, lavorativa e di volontariato.
Glielo posso assicurare per le mie competenze professionali nel mondo della sordità.
Chi fa male alle persone sorde o svantaggiate o a chicchessia è chi avanza atti buonistici rivestiti di falso rispetto e di belle parole che nascondono solo ipocrisia.
Le posso dire signor Monti che il rispetto della diversità ci ha ampiamente stufato.
Parli pure di dialoghi fra sordi, dobbiamo avere il coraggio di dire pane al pane e vino al vino, chi vuol capire capirà e chi non capisce pazienza.
Anche dire "sordo" oggi scatena scandalo e costernazione: ma perché scusi, è un delitto chiamare le cose col loro nome? Francamente "non udente", "ipoacusico", "diversamente abile", "disabile uditivo" mi paiono tutte foglie di fico linguistiche quasi più offensive.
E' vero gli stereotipi sono gabbie a volte pericolose che non dovrebbero essere alimentate ma posso assicurare che lo stereotipo più devastante è quello della persona sorda che comunica "in altro modo".
Rispetto?
La cattiveria non nasce dal dire la verità, ma dal piegare la verità a forme lobbystiche di interesse economico e con questo mi riferisco a tutti coloro che "per grande sensibilità" esaltano una presunta diversità culturale e linguistica delle persone sorde.
In modo ancora più specifico mi riferisco a coloro che pretendono che venga riconosciuto il linguaggio mimico gestuale come lingua delle persone sorde (che, per inciso, in realtà parlano come tutti).
Il razzismo di oggi si nasconde dietro l'esaltazione della diversità e la negazione all'individuo del raggiungimento dell'aurea mediocritas, glielo assicuro davvero agognata da chi non sente.
Se la sua è insensibilità, allora preferisco l'insensibilità.
Della sensibilità non so proprio che farmene.
Scriva, scriva.
Saluti

1 commento:

  1. Per consentire la comprensione del problema a chi non avesse seguito le «puntate» precedenti, è bene un breve riepilogo. Tutto comincia avendo io scritto di «dialogo fra sordi» nella politica di oggi, con conseguente incomprensione fra i protagonisti che non possono né intendersi né capirsi. Una lettrice, subito dopo, mi ha rimproverato di avere usato parole che offendono i veri non udenti, persone che invece intendono e capiscono benissimo. Ho replicato in modo ovvio: la mia immagine si riferiva alla sordità della mente, non delle orecchie. Adesso il punto di vista di una psicologa propone un'altra riflessione, relativamente al cosiddetto politicamente corretto che critica l'uso delle parole esplicite a favore di altre che, per così dire, dovrebbero essere più rispettose o comunque più leggere. Credo di potere chiudere la questione riferendo un episodio che mi è accaduto l'estate scorsa, quando ho condiviso vari momenti con un ragazzo privo di vista. Il giovanotto un giorno mi parlò di sè e dei suoi amici dicendo tranquillamente «noi ciechi», eccetera eccetera. Per capire come stanno le cose, non credo sia necessario aggiungere altro.

    monti.vittorio@gmail.com

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